Ciro Polito ha fallito perché ha stravolto la sua identità

L'editoriale su Ciro Polito

Al di là di ogni considerazione sulla situazione contingente del Bari, non si può non considerare la stagione biancorossa in corso come una cocente delusione per origine e sviluppi. L’annata 2023/24 trova oggi uno snodo a suo modo storico: per la prima volta in 45 anni il Bari cambia tre allenatori in una sola stagione. Ciro Polito ha infatti esonerato il suo «maestro» Pasquale Marino.

Il primo responsabile, come in ogni società calcistica che si rispetti, corrisponde al nome del direttore sportivo barese. Quel Ciro Polito che negli scorsi anni era stato a ragion veduta lodato e stimato per le sue intuizioni oggi si trova, altrettanto avvedutamente, nell’occhio del ciclone per via di scelte avventate e poco efficaci, risultate nel complesso sbagliate.

Polito Guerra

Quel Polito che è mancato

Benché del proverbiale senno di poi sian piene le fosse, i sentori degli errori di Polito sono rintracciabili direttamente dall’estate 2023, quella successiva al fatidico 11 giugno. Prima di analizzare il mercato estivo, bisogna specificare che la stagione in corso è, nella pur breve ma significativa carriera di Polito, la prima vera annata sbagliata dal direttore napoletano: dal 2016 al 2023, l’ex portiere di Atalanta e Sassuolo aveva mostrato di avere competenze tecniche ed emotive da futuro top del ruolo, con intuizioni meritevoli di giocatori oggi in Serie A e non solo.

Un inciso, a proposito di ciò: il tentativo di svalutazione retroattiva delle precedenti due annate del direttore del Bari da parte di taluni risulta pretestuoso e poco razionale. Con tutte le attenuanti annesse e connesse agli strascichi lasciati ad una sconfitta in finale play-off (basti vedere il Pisa 2022/23 in tal senso), pur aggiungendo uno strato di dramma nel modo in cui Pavoletti ha trafitto Caprile nel diluvio del San Nicola, l’impianto strategico sul quale si è poggiata la strategia attuata da Ciro Polito in estate è stata totalmente sbagliata.

Sbagliata non tanto nel merito, perché lì, davvero, parlare dopo risulta sin troppo facile. Giusto per fare qualche nome: il criticatissimo Acampora era stato inserito appena un anno prima nella Top 11 della Serie B; il profilo di Aramu non ha bisogno di presentazioni; Diaw è un attaccante di sicura affidabilità in B, il quale, negli ultimi due anni, aveva saltato appena 9 partite per infortunio.

Non sono tanto i calciatori, nelle scelte di Polito, ad essere sbagliati, quanto i profili. Nelle prime due stagioni a Bari, Polito si era fatto apprezzare dai tifosi del Galletto ma anche da addetti ai lavori e osservatori imparziali per due fattori fondamentali: la sua lungimiranza in materia di scouting e la capacità di rivitalizzare e motivare calciatori accantonati troppo in fretta.

Cheddira, Caprile e Dorval sono le sue operazioni più lodate, così come quel Benedetti che il direttore aveva spinto a lungo per prelevare a titolo definitivo, ma non sono le uniche. Basti pensare anche a un calciatore come Pucino, che fino a qualche anno prima era considerato tra i top di categoria in B e, quando arrivò a Bari, veniva da un paio di stagioni transitorie, così come al rilancio di Rubén Botta, che all’arrivo a Bari veniva sì da un’ottima stagione alla Sambenedettese, ma comunque a metà classifica nel girone B di Serie C.

Giovani di valore e calciatori motivati, anche arrabbiati se vogliamo, da rilanciare: un binomio perfetto, con gli esperti Antenucci e Di Cesare a guidare gruppi variegati e affiatati. Le operazioni di mercato di Polito non sono mai state telenovelas; non per forza operazioni lampo, ma comunque trattative con un inizio ed una fine ben chiare, che era sempre il Bari a determinare, senza mai (o quasi) farsi dettare le condizioni dalle controparti.

Bari Polito Ruscitto Voto
Copyright: SSC Bari

Le scelte sbagliate

Il mercato di costruzione della nuova squadra, che doveva necessariamente rappresentare una nuova era per il Bari, ha smentito tutto questo, più ulteriori due elementi cardine della politica politiana: patrimonializzazione e svecchiamento della rosa. Le prime operazioni, tuttavia, non promettevano affatto male: Faggi nel solco di Benedetti, Menez in quello di Antenucci, Nasti come scommessa offensiva (al momento, al netto di tutto, riuscita).

Da quel momento, il mercato del Bari si è inceppato in dinamiche poco chiare ed ingenue. Fattosi prendere da una sorta di sindrome Genoa per la quale bisognava presentare fior di nomi per disputare il campionato di Serie B con ambizione di grandeur, Polito si è impelagato in situazioni intricate e poco proficue: l’attesa dell’arrivo di una punta al Monza per sbloccare Diaw, l’“occasione” Aramu, che però per il torinese sarebbe stata in ogni caso un ripiego alla mancata Serie A, la fissa Acampora, un Frabotta che poco aveva a che vedere con il progetto tecnico barese.

Calciatori che, presi a bocce ferme, non sono affatto scarsi, anzi; ma nelle peggiori condizioni possibili, dal momento in cui nessun uomo è un isola. Ad eccezione di 4-5 giocatori al mondo, ogni calciatore va considerato nel contesto e nel momento nel quale è inserito; basti pensare, guardando al calcio internazionale, ad un Calhanoglu “calciatore normalissimo” al Milan e top mondiale nell’altra sponda di Milano. Elementi giusti nel momento peggiore.

Il tutto togliendo giorni (e dunque condizione atletica, e dunque coesione) alla creazione di un gruppo che per tutto agosto è stato un cantiere aperto con pochissime certezze dalla metà campo in su. Senza considerare la querelle Brenno, in un ruolo, quello sì, nel quale sarebbe stato preferibile mettere una certezza, un calciatore che avrebbe potuto guidare la difesa (e anche un po’ tutto il gruppo, a maggior ragione vista la partenza di un altro senatore come Frattali).

Brenno
Copyright: SSC Bari

Scarso affidamento sullo scouting, la miglior qualità di Polito

È in questo senso che Polito ha smarrito la sua identità e il suo modus operandi: un direttore sportivo che ha costruito la sua fortuna sulla lungimiranza e sulla conoscenza delle categorie minori, che l’hanno sempre portato a scegliere con oculatezza e intelligenza i propri calciatori, che ha snaturato il suo team building.

Basti pensare che, fino al 31 agosto, l’unico calciatore arrivato da categorie inferiori, assieme a Scafetta (sùbito prestato al Messina), è stato Faggi, prima del tris di calciatori arrivati sul gong composto da Astrologo e Farroni (minuti in due: 0) e Achik, calciatore dall’indubbio talento che però è stato portato in biancorosso senza una chiara idea di come utilizzarlo, sicché è stato sballottato in diverse posizioni.

Sia chiaro, non si tratta un feticcio per le serie minori: stesso discorso si potrebbe fare per calciatori provenienti dalla seconda serie, o addirittura dalla Serie A, ma giovani e di gran prospettiva (l’operazione Nasti, difatti, è più che encomiabile). Non a caso, la scelta di Koutsoupias si è dimostrata a dir poco avveduta (lì ci si è messa la sfortuna, e non si può farci molto); non a caso, su operazioni come Edjouma e Brenno, frutto di osservazione e studio, Polito ha tenuto duro e alla lunga ha avuto ragione (le perplessità sul portiere brasiliano, non ancora fugate, sono di natura unicamente caratteriale).

Quello visto in estate è stato un Polito fin troppo indeciso, che non ha saputo perseguire fino in fondo le proprie indubbie qualità di direttore sportivo. Diverse, ad inizio finestra, le trattative per portare a casa calciatori di prospettiva, interrotte per – si suppone – mancanza di liquidità; nessuno nega che le risorse messe a sua disposizione non siano state adeguate, ma se poi bisogna pagare fior di stipendi a calciatori fuori lista o ai margini del progetto, viene da farsi qualche domanda sulla congruità dell’impiego delle risorse, anziché sulla loro effettiva quantità. Calciatori come Kouda, Arena, Drago, o anche Fumagalli nella sessione invernale, solo per fare qualche nome, trattati e corteggiati prima di essere abbandonati alla corte di altre società di Serie B.

Fumagalli
Copyright: Giana Erminio

Gli altri errori di Polito: comunicazione e scelte di panchina

Errori che si sono riflessi in fase di comunicazione: il Polito umile e furbo nel tenere sempre bassi i toni ha questa volta peccato di hubris e sbandierato ai quattro venti una squadra sulla carta più forte dell’anno scorso, cosa poi mai effettivamente vista sul terreno di gioco.

Stessa pigrizia e indecisione si è notata nel momento dell’esonero di mister Michele Mignani, assolutamente legittimo visti i risultati raggiunti dal coach genovese nelle prime battute, nonché l’esagerata sterilità offensiva del primo Bari stagionale.

Mentre nella scelta dell’ex Siena Polito aveva mostrato maturità nell’uscire dalla sua comfort zone, selezionando un allenatore mai conosciuto prima ma di cui aveva riconosciuto qualità nelle sue esperienze precedenti, con l’arrivo di Pasquale Marino il direttore campano ha fatto una scelta di comodo, senza perlustrare diversi allenatori, sia in piena carriera che in ascesa, che sarebbero stati di sicuro più motivati.

Ciro Polito è un dirigente dall’ingegno multiforme, che capisce di calcio e lo conosce nelle sue sfumature più quotidiane e nascoste; sa gestire un gruppo squadra, riconosce le qualità dei suoi collaboratori e sa esaltare i progetti tecnici che costruisce. Il suo futuro nel calcio italiano sarà brillante e proficuo, ma solo ad una condizione: che impari dagli errori di questa stagione, ne ricavi una lezione e sappia farne frutto in futuro. A partire da quello che sarò il prossimo tecnico del Bari.

Marino Bari
Copyright: SSC Bari
By Redazione PianetaBari

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