Per una società calcistica e più in genere sportiva (benché il discorso possa espandersi addirittura alla società civile) ogni progetto tecnico che si rispetti pone le basi anche su un settore giovanile funzionante. Il Bari non fa eccezione in quest’ottica: dopo alcuni anni in cui le giovanili biancorosse hanno vissuto delle difficoltà, quest’anno si può parlare di una vera e propria belle époque per i giovani biancorossi.
Vi stiamo raccontando ampiamente sulle nostre pagine la stagione della Primavera, come anche quella di tutte le Under, dalla 13 alla 17, e le compagini femminili. Un campionato finora tra alti e bassi per i ragazzi di Federico Giampaolo, com’è giusto che sia per un gruppo di giovanissimi alla prima esperienza in un torneo duro come la Primavera 2, dove l’obiettivo è la salvezza. C’è chi, però, sta facendo altrettanto bene, ed è la formazione Under 17, allenata da quest’anno da mister Vito Di Bari.
Sotto la guida del tecnico andriese i classe 2007 stanno conducendo un campionato strepitoso: in un girone nel quale figurano realtà imponenti nel calcio italiano giovanile quali Empoli, Roma, Lazio e Fiorentina il gruppo barese si sta mettendo in mostra come uno dei più interessanti. 15 punti in 10 partite, 24 reti segnate (3° miglior attacco, sintomo di un calcio attivo e propositivo) e prestazioni di livello. Da segnalare anche l’exploit individuale di Alessandro Labianca, ala sinistra, 3° tra i cannoniere del girone con 9 reti, e quello di Alessio Campanelli, terzino destro impiegato in stagione anche con la Primavera, che ha ottenuto la convocazione in Nazionale Under 17.
Al timone c’è un tecnico dal percorso particolare. Vito Di Bari probabilmente non voleva nemmeno fare l’allenatore: il suo sogno iniziale era quello di fare il direttore sportivo. La fondazione della Football Academy Andria 2018, Scuola Calcio certificata èlite da cinque anni, e la nomina a responsabile tecnico del settore giovanile della Fidelis Andria nell’estate 2021, lasciavano propendere verso questo percorso. Poi però l’Andria esonera Ciro Ginestra a fine gennaio 2022, si ritrova di lunedì notte a trovare un tecnico per la partita del mercoledì (contro il Catania, gara che sarà poi paradossalmente cancellata dalla giustizia sportiva) e la scelta ricade su Vito Di Bari, alla prima esperienza in assoluto da allenatore, affiancato da Nicola Di Leo come suo vice e allenatore dei portieri.
Tutto il resto viene di conseguenza: la rincorsa verso la salvezza, la vittoria ai play-out contro la Paganese, il lancio di un calciatore come Ilario Monterisi (oggi titolare in Serie A col Frosinone) tra i grandi, proprio quando il difensore natìo di Trani stava faticando ad emergere.
Nell’annata successiva Di Bari, nonostante qualche richiesta arrivata dalla Serie D, non ricopre il ruolo di allenatore, complice anche una squalifica di quattro mesi e mezzo comminata dalla FIGC “per avere, nel corso della stagione sportiva 2021-2022 […] svolto di fatto l’attività di allenatore della Prima Squadra della società Fidelis Andria dopo la scadenza dell’autorizzazione concessa dal Settore Tecnico in data 4 febbraio 2022 per 30 giorni e in assenza della prescritta abilitazione, utilizzando, a tal fine, in qualità di “prestanome”, l’allenatore Sig. Nicola Di Leo”.
In questo periodo, tuttavia, Di Bari evolve il progetto della Football Academy inaugurando lo Sport Academy Village, centro sportivo polifunzionale di proprietà con campi da calcio, da padel e palestra, e non solo. Un progetto innovativo che dimostra come Di Bari abbia una mentalità moderna e aperta, qualità che si sposano alla perfezione con quelle di questo Bari. La chiamata biancorossa per la panchina dell’Under 17 arriva a inizio agosto 2023.
Abbiamo discusso di questo inizio di stagione encomiabile proprio con mister Di Bari, per farci raccontare dall’interno questa realtà positiva del settore giovanile biancorosso. Si ringrazia la SSC Bari per la concessione dell’intervista.
L’intervista a Vito Di Bari
Mister Di Bari, partirei dalla domanda cardine: perché il Bari l’ha scelta e perché lei ha scelto il Bari?
«Tutto è partito dal pareggio 0-0 a Bari quando allenavo l’Andria, avevo colpito il direttore Polito che mi fece i complimenti tramite il nostro direttore Logiudice. Il direttore mi chiamò lo scorso anno per allenare nel settore giovanile del Bari, ma per i problemi che ho avuto per la squalifica non si è fatto nulla. Polito mi ha richiamato quest’anno e io ho accettato volentieri, volevo ripartire da questo percorso. In più mi hanno parlato benissimo del gruppo quindi sono contento di essere qui.»
Questi primi mesi da tecnico dell’Under 17 sono in linea con le sue aspettative?
«Il bilancio è positivo, siamo in un girone di ferro con società blasonate che investono tanto nel settore giovanile, noi stiamo tenendo duro. Abbiamo singoli di valore come Campanelli e Labianca che si stanno mettendo in luce, ma non solo loro. Non dobbiamo accontentarci, puntando ad entrare anche nelle prime cinque posizioni.»
I nomi più in vista li ha anticipati lei, con Labianca e Campanelli. Ci parli allora di loro e di altri ragazzi che si stanno mettendo in mostra.
«Labianca è un’ala sinistra con tecnica, velocità e furbizia: salta l’uomo facilmente, è difficile trovarne in giro. Deve andare avanti così. Campanelli è un terzino con potenza, forza e corsa, deve migliorare nella fase difensiva ma può fare tanto. C’è anche Spadavecchia, che da terzino ha fatto già qualche gol, che è un calciatore interessante. Un altro è De Martino (centrocampista, nda), che ha spaccato la partita domenica scorsa con una gran giocata nel finale; Mattia Suriano (anche lui centrocampista, nda) è un calciatore cattivo, che sa stare bene in campo. Ma sono tanti i ragazzi che sono un patrimonio per il Bari e che potrebbero avere un futuro nel calcio.»
Ci racconti un po’ la sua squadra. La carta dice 4-3-3, il campo racconta un gruppo di ragazzi veloci e imprevedibili. Quali sono le principali caratteristiche tecnico-tattiche di questo gruppo squadra? È un gruppo che riesce a reggere l’impatto fisico con gli avversari?
«Non siamo una squadra che può buttarla sulla fisicità: questo non è un gruppo di giocatori “grossi”, ma c’è molta tecnica. Partiamo dal 4-3-3 ma utilizziamo molto le rotazioni e cerchiamo di avanzare l’azione sugli esterni, spesso riusciamo a portare anche sei calciatori in area di rigore. Siamo una squadra offensiva e spettacolare, creiamo tantissime occasioni, anche ad esempio contro la Roma quando abbiamo fatto 0-0, abbiamo fatto tante occasioni.»
Quanto e come ha aiutato l’esperienza pregressa al timone di una prima squadra di Serie C?
«Non è facile partire dalla C e continuare nel settore giovanile, sto facendo una sorta di percorso inverso, ma con umiltà mi ci sto calando. Se è arrivata quella squalifica forse è perché non ero ancora pronto per allenare in C, ora devo scalare questo percorso. Inoltre, rispetto ai professionisti i ragazzi sono spugne, assorbono tutto, sebbene anche ad Andria abbia avuto tanti giovani che sono stati molto ricettivi e con cui sono rimasto in ottimi rapporti. Andria mi ha fatto capire che volevo fare questo mestiere, mi ha cambiato la vita.»
Qual è l’orizzonte temporale di lavoro per il vostro gruppo?
«I ragazzi sono alla fine di un ciclo di settore giovanile perché il Bari non fa Under 18. Io ho accettato volentieri questa esperienza a Bari, ma voglio crescere con ambizione, e perché no, crescere con questo gruppo.»
Quali allenatori, sia tra quelli avuti in carriera che tra i più grandi in attività, hanno ispirato Di Bari ad iniziare la carriera da tecnico?
«Ho avuto la fortuna di avere Sarri, che ha cambiato il modo di vedere questo gioco. Insegna calcio, dà un’impronta importante: sono stra-innamorato di lui perché la Lazio è una delle poche squadre che sa stare corte e tenere le distanze in campo, mi piace molto vedere le sue partite. Ho avuto anche Alvini e Dionigi, allenatori moderni che amano dominare, il possesso palla. Ultimamente mi sento spesso con Quinto, collaboratore di Roberto De Zerbi e mio amico: spiace che De Zerbi non sia in Italia, perché è un patrimonio del calcio italiano e grande allenatore. Mi piace anche Zeman che attacca molto, ma ripeto, ci vuole equilibrio nella proposta di gioco. Mi permetto una riflessione…»
Prego.
«Rispetto all’esperienza ad Andria adottiamo gli stessi principi di gioco; mentre in quel periodo avevamo un’ottima solidità difensiva ma segnavamo poco, qui sta avvenendo l’esatto contrario: creiamo e segniamo tanto ma subiamo qualcosa in più del dovuto. È strano ma è anche normale: la differenza la fanno i singoli.»
Ci racconti un esercizio che propone ai ragazzi che ritiene particolarmente innovativo, o semplicemente il loro preferito.
«Noi lavoriamo sempre con la palla, anche quando facciamo volumi di lavoro aerobici. A 17 anni i ragazzi fanno tanti chilometri per arrivare agli allenamenti, sarebbe sbagliato non farli lavorare prevalentemente col pallone. Usiamo molto i possessi settoriali, cerchiamo di lavorare con questi possessi per poi arrivare alla finalizzazione. A loro piace molto partire dal basso, lo vedono come un gioco, una sfida che hanno affinato di settimana in settimana.
Come staff siamo entrati in grande empatia col gruppo. Ho la fortuna di avere al mio fianco professionisti di grande valore, a partire da Nicola Di Leo, preparatore dei portieri importante sia per il suo ruolo che per la sua esperienza, il preparatore atletico Francesco Petruzzelli, che l’anno scorso era in 1ª squadra a Bari ed è stato anche all’Atalanta, il fisioterapista Jonathan Mackay e il match analyst Lorenzo Liso, con cui ho già lavorato ad Andria, che fa lavorare i ragazzi come se fossimo in prima squadra dandogli tutti i video sia degli avversari che delle proprie prestazioni.»
Nel calcio giovanile quanta importanza dà Di Bari al risultato e quanta alla prestazione?
«Il risultato è una conseguenza: è importante per fiducia, morale e coraggio. Ovviamente se gioco speculando sul risultato non raggiungo l’obiettivo del settore giovanile. Ma se all’interno di ciò ci raggiungi i valori del settore giovanile (far giocare tutti e farli esprimere bene) ci sta vincere. A 17 anni si vincono le Olimpiadi, tanti giocatori in Europa (ma anche in Brasile e Argentina) esordiscono nei club e nelle nazionali: noi siamo rimasti anni indietro, con la mentalità della gavetta.»
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