Il girone di andata del Bari si è concluso con il pareggio beffardo rimediato a Genova, frutto del gol realizzato in pieno recupero dall’ex di giornata Sebastiano Esposito. Quella di Marassi è stata solo l’ultima delusione di un girone avaro di soddisfazioni, concluso con 23 punti, 4 vittorie all’attivo e la modesta 11esima posizione in classifica.
Nel corso dei mesi abbiamo analizzato i vari problemi, tattici e strutturali, che hanno segnato il percorso della squadra, cercando di individuare anche quelle che sono state le poche indicazioni positive da cui ripartire. In questo articolo, che vuole fungere da vademecum del semestre biancorosso, andremo ad approfondire entrambe le facce della medaglia, soffermandoci sulle tante lacune da colmare e sui pochi punti fermi a cui aggrapparsi.
La produzione offensiva del Bari
Il problema che ha accompagnato il Bari con invidiabile devozione dall’afa agostana al freddo natalizio è stato la sterilità offensiva. Nell’arco del girone d’andata non c’è stata una singola partita nella quale la squadra abbia trasmesso la sensazione di riuscire a generare occasioni da gol pulite con continuità. I numeri li abbiamo sciorinati in un articolo recente sul tema, ma vale la pena ricordarli: con 18 gol realizzati il Bari ha il 16esimo attacco del campionato, posizione che, secondo il modello di FBref, occupa anche per xG prodotti (19,2). I tiri in porta sono in linea con questo dato – 3,16 ogni 90 minuti che valgono la 18esima posizione in questa speciale classifica – e anche i tocchi in area di rigore, appena 18,2 ogni 90 minuti, confermano la tendenza.
I numeri sono la logica conseguenza di un assetto offensivo mai trovato, né con Mignani né tantomeno con Marino. Il tecnico ligure ha pagato l’incapacità di adattarsi alle nuove caratteristiche della squadra, ricercando in modo ossessivo i pattern di gioco della precedente annata, mentre Marino non è stato ancora in grado di dare una forma alle sue idee, che sulla carta sembravano poter essere inclini alla rosa a disposizione. I vari e ripetuti infortuni sono un’attenuante da menzionare, ma le responsabilità delle guide tecniche sono altrettanto lampanti.
A corredo di tutto ciò c’è lo stato di forma e il rendimento del parco attaccanti, tutti (o quasi) autori di performance sotto le aspettative. Aramu è in procinto di fare le valigie dopo sei mesi di apparizioni ectoplasmatiche, Diaw frequenta più l’infermeria che il campo e Morachioli sta pagando quello che in NBA viene definito il rookie wall, ossia quella fase discendente che i cestisti al secondo anno incontrano dopo una stagione d’esordio esaltante. Nasti e Achik si sono barcamenati tra luci e ombre, sospinti dalla fame di chi vede in Bari una vetrina importante ma denunciando limiti dovuti alla pochissima esperienza accumulata in categoria. Il fascio di luce che si è fatto strada tra le nubi sempre più scure è stato il solo Giuseppe Sibilli, di cui parleremo approfonditamente più avanti.
Cercasi trio di centrocampo
La grande differenza tra questo Bari e quello dell’anno scorso sta anche nel rendimento del centrocampo. Durante la scorsa stagione, nelle fasi più esaltanti e in quelle meno brillante, il Bari era sorretto da una mediana solida, che garantiva dinamismo, ordine e supporto al trio offensivo, qualità che sono mancate in toto ai terzetti scelti da Mignani e Marino.
In avvio di stagione la squadra ha pagato il calo di forma di Mattia Maita, finito addirittura fuori dai titolari dopo esser stato insostituibile nella passata stagione. Al suo posto, oltre all’affidabile Maiello si è messo in mostra Koutsoupias, ma sempre a corrente alternata. Interruttore spento invece per l’altro centrocampista prelevato dal Benevento, quel Gennaro Acampora presentato in pompa magna da Ciro Polito, professatosi suo estimatore.
Con il grave infortunio occorso a Maiello si è perso il timoniere della squadra, collante tra difesa e attacco e unico mediano puro presente in rosa. La sua perdita ha complicato i piani di Marino e generato ulteriore caos nel reparto di centrocampo. Per un mesetto si è vivacchiato con Acampora vertice basso, affiancato da Sibilli e Koutsoupias e scortato da un’inedita difesa a 3.
Le difficoltà di Acampora nel far progredire l’azione hanno convinto Marino a virare su Benali nel ruolo di play, soluzione provata anche da Mignani nella precedente stagione. Benali ha gradualmente preso le misure con il nuovo ruolo, giovando del ritorno ai vecchi fasti di Maita e di un ritrovato Edjouma a completare il terzetto. Dopo 4 mesi di tentativi andati a vuoto, nelle ultime settimane pare che il tecnico siciliano abbia trovato una conformazione adatta alle necessità della squadra, in attesa che il mercato porti in dote un mediano classico che possa permettere di reinserire Benali nelle rotazioni delle mezzeali, ruolo più consono alle sue caratteristiche.
Vicari e Di Cesare: ancore di salvezza del Bari
Ciò che ha salvato il Bari dalla deriva è stato il rendimento del pacchetto difensivo. Attenzione, il Bari non è una squadra che difende particolarmente bene, ma può contare sulla presenza di interpreti eccellenti per la categoria. Non solo l’inossidabile Di Cesare, il cui apporto alla squadra si è spinto fino all’area di rigore avversaria, ma anche e soprattutto Francesco Vicari, sempre presente da inizio stagione e mai, o quasi, sotto la sufficienza.
Sia Di Cesare che Vicari sono marcatori vecchio stile, che si esaltano nelle battaglie in area di rigore ed emergono nei duelli fisici con gli attaccanti. In questo Vicari è un’eminenza: solido nei duelli aerei, smaliziato nell’uso del corpo e roccioso anche negli uno contro uno. Il suo rendimento e quello di Di Cesare, oltre ad un Brenno in crescita, valgono la terza difesa del campionato, un dato parzialmente corroborato dagli xG subiti, che presentano una leggera overperformance.
Il Bari continua a manifestare diversi problemi anche senza palla, come la tendenza a schiacciarsi troppo che consente ai centrocampisti avversari di giocare a palla scoperta e arrivare facilmente in area, ma la presenza di Vicari e Di Cesare continua a garantire solidità. Alle loro spalle non fanno mancare il loro apporto Zuzek, inappuntabile quando impiegato in questa stagione e che resterà come dichiarato dal suo procuratore ai nostri microfoni, e Matino, la cui prestazione a Marassi è stata tra le note liete della serata.
Sibilli-dipendenza
Tra gli aspetti positivi non si può prescindere dal menzionare Giuseppe Sibilli, miglior giocatore del Bari e tra i migliori dell’intera categoria in questa prima metà di campionato. In poco più di cinque mesi ha eguagliato e poi superato il suo numero di gol stagionali, che, nonostante sia difficile crederlo dopo averlo ammirato in questo scorcio di stagione, era di sole 5 marcature. Oltre ad essere per distacco il top scorer del Bari è primo per xG prodotti, primo xA (Expected Assist) prodotti, secondo tiri ogni 90 minuti alle spalle di Diaw e secondo per tiri in porta ogni 90 minuti alle spalle di Nasti. Inoltre, secondo i dati di SofaScore, è nettamente il calciatore del Bari che effettua più dribbling (1,8 ogni 90 minuti).
All’efficacia Sibilli aggiunge un’estetica che lo rende uno dei calciatori più entusiasmanti dell’intera categoria, al pari dei vari Vazquez, Mane e Bernabé. Le doti balistiche erano note da tempo, ma vederlo battagliare e danzare in mezzo al campo, agendo di spada e di fioretto, ha spesso ridestato un tifo barese infiacchito dalle prestazioni scialbe del resto della squadra. Gli esempi più lampanti sono le sfide contro Modena e Ascoli, partite soporifere disequilibrate dai suoi lampi di classe.
Contro i canarini una sgroppata verticale culminata con un diagonale radente passata in sordina per l’immediato pareggio avversario; contro l’Ascoli un’altra sgroppata, decorata con un paio di dribbling e un destro risolutivo. Con ogni probabilità il reparto offensivo del Bari subirà un consistente rinnovamento nel mese di gennaio, ma è altrettanto certo che il trascinatore della squadra sarà ancora Giuseppe Sibilli.
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