Abbiamo davvero sopravvalutato il Bari di Longo?

L'editoriale

Un brusco ritorno sulla Terra. E, forse, la parola fine a quei sogni di gloria che ancora si potevano cullare, nascosti, nel cuore. Se la partita contro il Palermo aveva lasciato aperto uno spiraglio per immaginare un finale di stagione in crescendo, con un Bari lanciato verso i playoff e pronto a giocarsela senza paura, la sconfitta di venerdì del team di Longo contro il Modena ha riportato tutti alla realtà. Per carità, nel calcio niente è impossibile, ma l’ultima giornata di campionato ha confermato che quella biancorossa resta una squadra senza continuità, incapace di fare il salto di qualità e vittima, ancora una volta, di tanti limiti che hanno accompagnato l’intera annata.

Una constatazione, quella sui limiti della squadra, che in fin dei conti ha fatto anche Moreno Longo dopo il fischio finale. Il tecnico ha infatti affermato: «Se continuiamo a sopravvalutare questa squadra, resteremo sempre delusi. Se pensiamo che questo Bari potesse lottare per la Serie A, commettiamo un errore. Parliamo di playoff per arrivarci, certo, ma questo per me era l’anno zero. L’anno della ricostruzione, del ripartire dopo una stagione difficile. L’anno in cui dovevamo ritrovare un’anima, un’identità, una solidità». Sono frasi che hanno alimentato il malcontento della piazza e generato parecchie critiche. Tuttavia, alla luce di questo, è doveroso chiedersi: abbiamo davvero sopravvalutato questo Bari? 

Longo e la stagione del Bari

Fin dall’inizio della stagione, l’obiettivo dichiarato dalla società è stato quello di centrare i playoff. Un traguardo che, sulla carta, resta ancora pienamente alla portata: i biancorossi sono infatti appaiati all’ottavo posto, l’ultimo utile per l’accesso alla post-season. Eppure, anche in questo caso, pochi si fanno illusioni: difficilmente questo Bari, anche se dovesse raggiungere il traguardo, sembra avere le carte in regola per pensare di arrivare fino in fondo. Del resto, durante il campionato, più volte si è avvertita una certa dissonanza tra le parole di Longo (che ha spesso tenuto basse le ali dell’entusiasmo, parlando di salvezza) e quelle dei vertici di Via Torrebella.

Proprio per questo motivo, un sentimento di disillusione ha cominciato a serpeggiare nell’ambiente, e inevitabilmente Longo è finito nel mirino della piazza. Anche perché, nel ritmo claudicante di quest’anno, una parte delle responsabilità ricade proprio sul tecnico. Basti pensare al calo fisico e mentale registrato nei secondi tempi, una costante lungo tutta la stagione, alla quale l’allenatore non è quasi mai riuscito a trovare rimedi. Senza dimenticare alcune scelte discutibili — come venerdì scorso, quando la decisione di preferire Vicari a Simic ha lasciato più di qualche perplessità — o la scarsa incisività nei cambi. Centrare l’ottavo posto, pertanto, non può sicuramente essere considerata un’impresa.

La partita contro il Modena è stata lampante e ha mostrato i tanti limiti di questa stagione. In primis, ancora una volta, la difficoltà che il Bari ha nell’ultimo terzo di campo, dove come spesso accade è mancata qualità e precisione. La formazione biancorossa in determinati contesti riesce ad essere particolarmente efficace: quando ci sono spazi per attaccare la profondità, quando gli avversari riescono a lasciare margine per la manovra, solo per fare due esempi. Ma appena il copione cambia un po’ e c’è da lottare sulle seconde palle, da scardinare difese chiuse o da cercare qualcosa di diverso, spesso la sua squadra si incaglia. Venerdì è bastato vincere qualche duello in meno, un pizzico di disattenzioni in più e il match è scivolato via.

Benali Longo
Copyright: SSC Bari

Le ambizioni del Bari

In una stagione complessa e difficile come quella attuale, è inevitabile che al tecnico vengano attribuite diverse responsabilità. Non è la prima volta che Longo ridimensiona il potenziale del suo Bari, anche andando oltre quelli che sono gli obiettivi fissati dalla società di cui si parlava. Tuttavia, per rispondere alla sua domanda posta in apertura, sarebbe opportuno affiancare a questo ragionamento altri due interrogativi: quanti dei limiti mostrati dal Bari nel corso dell’anno dipendono effettivamente dall’allenatore e quanti, invece, dalle lacune emerse nella costruzione della rosa? E, di conseguenza, cosa sarebbe lecito attendersi da questa squadra affinché, in rapporto alle qualità a disposizione, un eventuale traguardo possa essere considerato sufficiente o deludente?

Di certo, non si può dire che a sopravvalutare questo Bari sia stata la tifoseria, che anche quest’anno — come sempre — ha garantito massimo sostegno alla squadra, anche nelle situazioni più difficili e in trasferta. I fischi piovuti spesso durante la stagione, soprattutto nelle ultime settimane, sono il segnale di un’insofferenza crescente verso un contesto complicato che si trascina ormai da tempo.

A sopravvalutare questa rosa, semmai, possono essere stati la proprietà e il duo Magalini-Di Cesare, che più volte hanno ribadito fiducia nel valore della squadra. Perché, se è vero che Longo ha senza dubbio delle responsabilità, è altrettanto evidente che qualche dubbio sulla reale competitività dell’organico del Bari per puntare ai playoff sia legittimo. Basta guardare alla costruzione dell’attacco, condizionata da un budget limitato che ha impedito l’arrivo di giocatori di prima fascia. Ma, al di là delle risorse disponibili, le scelte sono comunque ricadute su profili come Kevin Lasagna (appena sei gol complessivi nelle ultime tre stagioni), Andrja Novakovich (sei marcature lo scorso anno), Andrea Favilli (i cui numeri, salvo rare eccezioni, non sono mai stati esaltanti) e il giovane Nicholas Bonfanti, fin qui praticamente senza aver dato un contributo valido in campo.

Probabilmente era l’area tecnica stessa che dopo il mercato di gennaio che aveva portato in dote Pereiro, Maggiore e lo stesso Bonfanti si aspettava un salto di qualità rispetto al limbo della classifica, nei fatti mai avvenuto. Un encefalogramma piatto, che adesso più che mai mette in discussione anche quell’obiettivo minimo fissato ad inizio stagione.

Serie B Di Cesare Magalini
Copyright: SSC Bari

I numeri del Bari di Longo

In media, l’intero reparto offensivo biancorosso ha segnato circa 14 gol a stagione nelle ultime tre regular season: un dato impietoso, che alla lunga presenta sempre il conto. Non a caso, uno dei grandi limiti del Bari è stato proprio quello della capacità realizzativa. La squadra di Longo, infatti, pur riuscendo a creare un numero importante di occasioni — è sesta per expected goals —, quando si passa ai gol effettivamente segnati scivola all’undicesimo posto.

Anche altre statistiche confermano il problema: il Bari arriva con discreta facilità nella trequarti avversaria (quinto per tocchi nella zona offensiva), ma è solo quindicesimo per tiri nello specchio. Come se, una volta arrivati negli ultimi metri, emergesse un limite strutturale difficile da superare. Quando la manovra riesce a esprimersi, il Bari ha spesso mostrato buone trame, con movimenti rodati e prestazioni convincenti, a conferma di un meccanismo di squadra che, a tratti, funziona. Ma quando il peso si sposta dalle dinamiche collettive alla qualità individuale, i biancorossi si perdono. Un difetto emerso soprattutto nel girone d’andata, dove sono stati buttati via molti punti preziosi per l’incapacità di chiudere le partite: forse un calo sarebbe arrivato comunque, ma quelle vittorie mancate avrebbero dato un peso diverso alla classifica nei momenti di maggiore difficoltà.

Lasagna Bari-Modena
Copyright: SSC Bari

Il nodo progettualità

Ci sono però altre parole di Longo che sicuramente meritano attenzione, e sono quelle riguardanti la progettualità e la considerazione di questa stagione come anno zero. Su questo va detta una cosa: in una società diversa, in un contesto differente, queste dichiarazioni sarebbero state sicuramente sensate. Gran parte dei progetti tecnici vincenti, degli ultimi anni, sono arrivati a seguito di percorsi pluriennali: anche nel campionato attuale, le sorprese sono proprio quelle formazioni che hanno mantenuto l’ossatura e tecnico (vedi la Juve Stabia) o che comunque pur cambiando allenatore hanno un gruppo rodato che gioca insieme da tempo, come il Catanzaro.

In un contesto normale dopo il disastro dell’anno scorso sarebbe stato legittimo pensare di utilizzare questa stagione per gettare le basi e costruire sul futuro. E, se si guarda il corso del campionato, sarebbe impossibile notare che non siano stati seminati aspetti positivi. Però poi la realtà torna a bussare alla porta: gran parte della rosa è in prestito, buona parte dei calciatori saluteranno a fine anno e anche se il tecnico dovesse restare (lo farà?), si dovrà comunque ripartire da zero. 

Perché è l’intero contesto Bari a rendere difficile lavorare per bene e costruire un progetto vincente. Del resto, al tecnico e alla dirigenza si chiedono risultati da instant team, senza poter lavorare nel tempo ma dovendo guardare solo al futuro prossimo. Il tutto, però, senza giocatori di primo piano, ma con squadre costruite all’ultimo minuto possibile, spesso con giocatori arrivati in ritardo di condizione e non pronti. Proprio per questo, nel mettere in evidenza gli errori di Longo (e del duo dei direttori sportivi del Bari) e chiedersi se gli obiettivi posti siano alla portata o se si è sopravvalutata questa squadra, bisogna tenere in conto come il successo di un club non dipenda solo dalla somma algebrica dei valori dei calciatori, come se fossimo su FIFA, ma da un intero contesto e da tanti fattori. E molti di questi, a Bari, proprio non funzionano. Purtroppo.

By Raffaele Digirolamo

Dottorando in filosofia presso l'Università degli Studi di Bari. Curo la newsletter per Elezioni Usa 2024 e scrivo per PianetaBari

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Post Correlati