Falletti: “Voglio la Serie A, spero di essere all’altezza di Bari. Da piccolo non mi piaceva il calcio. Mio nonno, Papu, l’Uruguay…”

Le parole di Falletti

Dopo aver inanellato diverse ottime prestazioni sul terreno di gioco, l’ex Cremonese Cesar Falletti ha parlato ai canali ufficiali della società in una video intervista esclusiva della sua infanzia, del suo arrivo in Italia e dei suoi desideri qui a Bari. 

Falletti Sibilli macellaio
Copyright: SSC Bari

L’intervista a Falletti

Si dice che a Bari nessuno è straniero, te l’hanno già detto?
«Non l’ho mai sentito, buono a saperlo. Sono qua per dare una mano al Bari, sono uno che dà tutto in campo. Le partite possono andare bene o male ma quello che non può mancare è la voglia di fare e aiutare i compagni. La prima partita ci siamo incontrati in albergo (con mister Longo, ndr), poi quando sono entrato nel secondo tempo mi ha detto di fare quello che so fare, di divertirmi e di aiutare i compagni. Se guardiamo gli ultimi anni, sento che mi dicono che sono già alla fine, ma fisicamente mi sento bene e sono pronto a dare il massimo. Spero di essere all’altezza di questa piazza. Io son convinto di si».

Sei nato ad Artigas, estremo nord dell’Uruguay. Com’è andata?
«Sono nato lì e poi sono andato a vivere a Montevideo. Avevo un anno quando i miei genitori si sono spostati ma siamo sempre tornati perché i miei genitori avevano lì parenti, fratelli e tutto. È una bella città, da piccolo non mi è mai mancato niente. I miei genitori lavoravano tanto per me. Mio padre è sempre stato un muratore, mia mamma casalinga. Non mi piaceva il calcio, mio nonno poi mi ha portato a giocare. Dopo il primo allenamento ho capito che il pallone era tutto per me. I miei amici mi passavano a prendere per giocare, quella è stata la mia infanzia. Poi sono arrivato al settore giovanile ma non è stato facile siccome dovevo andare in pullman a Montevideo, spesso non c’erano i soldi».

Dobbiamo dire grazie a tuo nonno?
«Ora non c’è più, ma lo ringrazio sempre. Ogni volta che guardo il cielo cerco lui ed anche mia mamma. È stato un dispiacere, mi ha dato sempre quella forza che mi mancava. Lei è stata sempre vicina a me, mi dispiace che non abbia potuto conoscere mia figlia».

Falletti
Copyright: SSC Bari

Il soprannome di Falletti?
“Si, bachino. Vuol dire “piccolo” e me lo han messo da bambino. Ora mi chiamano Papu perché chiamo tutti Papu. In Uruguay il calcio è tutto, abbiamo vinto due mondiali pur essendo una nazione piccolissima. Spesso ascolto la canzone che ascoltavano loro quando hanno vinto il mondiale del 1950. Con l’Uruguay ho fatto il settore giovanile Under 15, 17 e 20 ma non ho potuto giocare partite ufficiali, solo qualche amichevole».

Come sei arrivato in Italia?
«È arrivata una chiamata mentre ero in attesa di conoscere il mio futuro a Montevideo. Ero piccolo, avevo 19 anni senza sapere che fare. Ho detto ai miei genitori che dovevo partire il giorno dopo, mia moglie non aveva il passaporto e ho viaggiato da solo. Quando sono arrivato in Italia non è stato facile adattarsi al calcio italiano, è veramente diverso. Arrivo in A e nel ritiro con il Bologna mi faccio male, ero nel momento migliore e mi sentivo bene. Prendo una botta da dietro e mi son fatto collaterale e menisco, sono autocritico: non sono stato all’altezza dopo il recupero. Potevano darmi un pò più di tempo…».

La Serie A rimane ancora un sogno per te?
«Si certo, voglio togliere questa spina. Vorrei fare bene quest’anno e arrivare il più in alto possibile con il Bari e poi la Serie A. Speriamo che qui vada bene, possiamo fare qualcosa di importante».

Falletti, ci spieghi questa abitudine del mate?
«Per noi è tutto, quando sei da solo bevi quello e sei tranquillo. Lo bevono anche i miei figli, è un abitudine sin da piccoli».

By Domenico Farella

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