Mirco Antenucci ha sciolto le riserve sul suo futuro. Dopo l’ultima tormentata stagione, ha deciso di dire basta al calcio al termine di questa stagione. Lo fa dopo una lunghissima carriera che lo ha visto protagonista in Italia in tutte le categorie professionistiche, ma anche all’estero con un trascorso biennale al Leeds nella Serie B inglese. Ci sono però due squadre in cui ha lasciato maggiormente il segno, ovvero Bari e Spal, la sua attuale squadra con la quale concluderà la sua carriera al termine di questa stagione.
In Puglia ha lasciato pesantemente il segno: 4 stagioni al Bari condite da 141 presenze e 63 gol, secondo marcatore di tutti i tempi della storia del club. Una bandiera, in campo e non solo, che resterà senza dubbio nei cuori dei supporters biancorossi. Di seguito la sua intervista ai colleghi di Tuttosport in cui fa il punto sul ritiro e non solo.

Le parole di Antenucci
Sul ritiro: “Faccio una premessa. Non mi era stato proposto di fare il team manager, siccome mi reputo una persona fortunata mi è stato proposto se continuare o meno. Se avessi detto che ero pronto a smettere, ci sarebbe stato un ulteriore step, non so quale. Volevo fare ancora un anno perché l’ultimo non è stato certo positivo. C’è stato un momento in cui ho riflettuto sulla possibilità di dire basta, per i problemi al tendine di Achille. Ho scelto di continuare e dal punto di vista personale la scelta mi sta dando ragione, ci serviva la prima vittoria anche per togliere il meno dalla classifica”.Â
Sull’ultima stagione appena iniziata: “Stavolta sì. Nella mia testa c’è questa idea. Voglio però rimanere nel calcio. Volevo completare lo studio universitario perché avevo iniziato da giovanissimo e mi dispiaceva aver dovuto lasciare. Aver studiato la psiche mi aiuta nei rapporti, nella gestione del quotidiano. Nel calcio moderno serve. Un concetto che mi è rimasto dai libri è quello di essere sempre positivi e ottimisti e credere in quello che si fa, le occasioni poi arrivano. La famosa ricerca della felicità . Il calcio è un lavoro altalenante, non bisogna lasciarsi trasportare dagli eventi e godersi i momenti buoni.”
Il calciatore con cui ha legato in campo e non solo: “Di Cesare. Sono stato con lui a Torino e Bari. Un fratello.”
Il rimpianto della sua carriera: “Non aver potuto continuare nel Torino. Era l’epoca delle comproprietà con le buste: il direttore del Catania mise più soldi di quanto si aspettavano tutti, facendo un danno a me e al Catania stesso. La promozione dalla B alla A non era scontata anche se eravamo forti. Avevo tanti amici. Mi ero innamorato della città , la più bella in cui ho giocato: ero salito anche a Superga. Un’emozione unica per quei ragazzi che vengono giusta mente venerati ancora.”
Antenucci chiosa sul calcio moderno: “Dico ai difensori che ora i protagonisti sono loro, c’è tanta costruzione dal basso, c’è un’esposizione maggiore con più sacrificio di noi attaccanti. Era più bello una volta, noi punte correvamo di meno.”
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