Da Cosenza i perché di un campionato anonimo. Tutti gli errori di Longo

L'analisi di Cosenza-Bari

Una débâcle. Una sconfitta senza appello, ben più pesante dell’1-0 maturato al Marulla. Perché, in terra calabrese, sembrava fosse il Bari la squadra ormai rassegnata alla retrocessione, senza mordente né obiettivi, e invece il Cosenza quella che avrebbe dovuto lottare fino alla fine per centrare il traguardo. La realtà del campo ha detto infatti qualcosa di profondamente diverso rispetto alla classifica: gli uomini di Longo non sono apparsi mai in partita, non hanno dato segni di vitalità, e solo gli evidenti limiti della rosa e i numerosi errori sottoporta dei padroni di casa hanno impedito che la sfida contro l’ultima in graduatoria finisse con un risultato ancor più rotondo.

Dopo un campionato sulle montagne russe, al Marulla la realtà ha presentato il conto a un Bari che, fin qui, non ha mai avuto la continuità per potersi giocare qualcosa di più importante. E se la prima parte di stagione aveva permesso di coltivare quantomeno l’illusione di una formazione che, con le idee e un’identità tattica precisa, avrebbe avuto la possibilità di sopperire ad alcuni limiti di organico, il girone di ritorno ha visto i galletti spegnersi pian piano. Un elettrocardiogramma piatto, quello della squadra di Longo, e qualche picco sporadico (vedasi il match con il Palermo) non può essere certo sintomo di salute. Anzi, la prova della verità è stata proprio a Cosenza: già, perché nella sfida di giovedì si sono visti gran parte dei limiti che hanno caratterizzato l’annata dei pugliesi.

Cosenza-Bari
Copyright: Cosenza Calcio

Longo e i limiti del Bari

Al termine della stagione manca ormai pochissimo, presto sarà tempo di bilanci. Quando si inizieranno a pesare le colpe di Longo, è inevitabile che una delle principali responsabilità che andranno imputate al tecnico è quella di non aver mai avuto la capacità di trovare alternative a quell’atteggiamento tattico che nella prima parte di stagione aveva dato un po’ di brillantezza. La memoria corre indietro a un Bari verticale, in grado di attirare la pressione degli avversari e di attaccare gli spazi creati fra le linee, utilizzando Novakovich o chi per lui per compiere il movimento per ricevere il pallone e Lasagna per sfruttare la profondità. E non è un caso che, quando gli avversari hanno lasciato un po’ di campo, come avvenuto ad esempio con il Palermo, i biancorossi siano riusciti a fare buona prestazioni.

Ma la differenza fra una squadra che si limita al compitino e quella che può ambire a crescere e giocare campionati di vertice è proprio la possibilità di indossare più abiti tattici, di sapersi adattare a situazioni di gioco e avversari differenti. Ed è stata proprio l’incapacità di Longo nel far questo che ha condannato il Bari a una stagione che, senza sussulti finali ai quali si fa fatica a pensare, resterà mediocre. Sia chiaro, non tutte le colpe sono del tecnico, perché i valori della rosa costruita con un budget limitato difficilmente permettevano di pensare a qualcosa in più di un settimo o ottavo posto, in linea con il piazzamento attuale. E, per di più, all’allenatore vanno dati comunque i meriti per un buon girone d’andata che ha permesso quantomeno di evitare zone pericolose (cosa che, forse, era meno scontata di quanto si potesse pensare).

D’altro canto, però, per battere questo Cosenza non sarebbe servita certo la rosa del Sassuolo o dello Spezia. Così come non era necessario per superare Sampdoria o Salernitana, altre squadre di fondo classifica con cui i biancorossi hanno impattato. Tutte queste partite hanno invece un minimo comun denominatore da ricercare nei limiti in costruzione, nell’incapacità di scardinare le difese avversarie e di trovare fantasia e qualità negli ultimi metri.

Longo
Copyright: SSC Bari

Cosenza, la sintesi di una stagione

Alla squadra di Alvini non è servita una fase di non possesso particolarmente elaborata per imbrigliare il Bari di Moreno Longo. Come mostrano le immagini sottostanti, al tecnico dei calabresi è bastato un pressing semplice ma efficace per neutralizzare completamente la manovra dei biancorossi. Bloccare Maiello, ad esempio, era già sufficiente a ostacolare gran parte dello sviluppo del gioco. Anche quando il centrocampista arretrava per impostare l’azione, il Cosenza, mantenendo un blocco medio e concentrandosi sulla chiusura delle linee di passaggio, riusciva a spegnere ogni tentativo offensivo. Ancora più evidenti sono stati gli effetti nelle situazioni in cui i calabresi hanno alzato la pressione: un pressing più alto che ha costretto i pugliesi, quasi sistematicamente, a ricorrere al lancio lungo.

 

Da un lato è una questione tattica, dunque. Perché questa situazione si è ripetuta in tantissime altre gare, a partire dalle già citate sfide contro Sampdoria Salernitana. Bastava che un avversario scegliesse di chiudere in maniera attenta gli spazi, e la manovra del Bari diventava tremendamente sterile. Sono partite in cui gli uomini di Longo, se non avevano la possibilità di scaricare su Dorval e puntare sulla sua inventiva, ricorrevano quasi esclusivamente a lanci lunghi che molto spesso erano preda della difesa avversaria. Contro il Cosenza è avvenuto qualcosa di simile: zero movimenti, squadra statica, anche quando qualcuno cercava di aprire gli spazi (più volte, ad esempio, Falletti si è portato dietro un difensore verso il centro del campo) nessuno è andato ad occuparli.

Poi d’altro canto c’è anche l’aspetto caratteriale: contro il Palermo si era vista voglia di vincere, grinta e fame. Nell’ultimo periodo, invece, anche il gruppo sembra avere meno mordente e non tutti appaiono sul pezzo. Limiti fisici, probabilmente. Ai quali si aggiunge un calo mentale e, forse, quella sensazione, difficile da giudicare dall’esterno, per la quale non tutti sono stati gestiti al meglio, cosa che potrebbe aver contribuito a non alzare al massimo l’asticella delle motivazioni. Ad esempio le parole rilasciate qualche giorno fa da Lasagna, in cui l’attaccante ha dichiarato la sua preferenza per un modulo a due punte, sono forse segno di un’incomprensione con il tecnico che potrebbe aver pesato sul rendimento non esaltante dell’attaccante (che però, va detto, veniva da diversi anni in cui il bottino di gol è sempre stato misero).

Anche al Marulla, però, più volte Lasagna è stato colto nel dialogo con Longo per cercare di capire meglio dove posizionarsi e come muoversi in campo. E alcune indiscrezioni emerse ieri circa presunte discussioni all’interno dell’area tecnica sulla scelta di perseguire il modulo con un solo attaccante e il trequartista, sembrerebbero confermare questo. Ma su tale aspetto è difficile esprimersi da fuori, come forse è impossibile cercare fino in fondo colpevoli per una squadra che raccoglie i frutti del budget speso. E fin quando dai piani alti di Via Torrebella non dovessero che qualcosa dovrà cambiare, difficilmente potrà andare meglio di così.

By Raffaele Digirolamo

Dottorando in filosofia presso l'Università degli Studi di Bari. Curo la newsletter per Elezioni Usa 2024 e scrivo per PianetaBari

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