Il risultato c’è stato, tutto il resto (a partire dalla prestazione), sicuramente no. La vittoria contro il Mantova non scaccia infatti i nuvoloni sul momento del Bari, che ha ritrovato i tre punti ma senza brillare. Anzi, a tratti si è avuta l’idea di un passo indietro quantomeno rispetto al primo tempo della partita contro la Reggiana, dato che in quelle poche occasioni in cui la squadra di Fabio Caserta ha avuto il possesso palla non è stata capace di creare quasi mai situazioni pericolose, ad accezione dell’opportunità quasi sporadica su palla inattiva che ha generato il gol di Moncini. Per analizzare tutti questi aspetti relativi alla prestazione torna Il Bari a scacchi, la rubrica che analizza nel dettaglio tutte le prestazioni dei biancorossi.

L’analisi di Bari-Mantova
Una fase di non possesso efficace?
Il dato del possesso palla è eloquente: 78% per il Mantova, appena 22% per il Bari. Un numero che descrive una partita in cui i biancorossi hanno di fatto rinunciato al predominio del gioco, scegliendo un approccio principalmente difensivo. Lo stesso Caserta, nel post-partita, ha spiegato di aver impostato la gara con l’obiettivo di attendere l’avversario senza pressarlo alto, per evitare di concedere campo alle sue spalle. In fase di non possesso, infatti, la squadra si disponeva bene o male con un 4-4-2, soprattutto in avvio di gara. Quando il Mantova attaccava sul lato sinistro, era Castrovilli ad alzarsi dalla linea mediana per portare il primo pressing sul portatore di palla.
Nel momento in cui gli ospiti riuscivano a guadagnare metri, invece, Caserta chiedeva ai suoi di abbassarsi per formare una linea difensiva a cinque, con Dorval e Dickmann che scivolavano accanto ai centrali. L’obiettivo era dare copertura ai braccetti per controllare le corsie laterali, dalle quali arrivavano la maggior parte degli attacchi ospiti, in particolar modo a sinistra, dove l’asse composto da Bani, Ruocco (molto vivace palla al piede) e la mezzala di riferimento ha spesso messo in difficoltà la retroguardia biancorossa. Nel complesso, la difesa ha retto abbastanza bene, ma resta il dubbio che questa solidità sia dipesa soprattutto dai limiti offensivi dei virgiliani che, in ogni caso, sono riusciti a costruire trame interessanti e a trovare spazi tra le linee, pur senza riuscire a capitalizzare le occasioni create.

La sterilità del possesso
Per capire tutte le difficoltà che il Bari ha con la palla al piede basta guardare il primo tempo: un bignami che, in quarantacinque minuti ben al di sotto delle aspettative, riassume buona parte dei motivi per cui oggi la squadra biancorossa è tra le peggiori della categoria. Le statistiche parlano chiaro: appena due occasioni da gol create e, soprattutto, l’ennesima conferma di un’identità di gioco che continua a non vedersi. Il fatto poi che, anche contro l’ultima in classifica, si sia scelto di impostare una partita difensiva, più attenta a non prenderle che a provare a imporsi, unito ai continui cambi di formazione senza mai trovare la quadra, restituisce l’immagine di un tecnico in totale confusione, che fino ad ora non ha trovato le tracce su cui impostare poi la base del lavoro per uscire da questa situazione.
In avvio si è notato subito come il Bari finisse sempre per forzare la giocata, anche per una certa mancanza di personalità e un senso di un’insicurezza collettiva. Eppure il Mantova concedeva spazi: spesso teneva tre difensori bloccati in area e il solo terzino di zona usciva in copertura sull’esterno – Dorval o Dickmann – lasciando ai biancorossi una certa superiorità numerica. In particolar modo i braccetti godevano di libertà perché Ruocco e Bragantini puntavano soprattutto a schermare le linee di passaggio ai centrocampisti. Questa situazione, quando si è verificata, non è stata mai sfruttata: Pucino e Kassama preferivano la giocata sicura all’indietro piuttosto che cercare una soluzione in avanti, rendendo il giro palla lento e prevedibile, permettendo al Mantova di ricompattarsi. La situazione peggiorava ulteriormente quando gli ospiti alzavano il pressing: in tutti questi casi la squadra di Caserta ha finito per forzare la giocata in avanti, perdendo palla.

Meno male che Moncini c’è
A salvare il Bari al termine di una prova bene o male opaca c’è colui che indubbiamente è il suo uomo migliore in questo avvio di stagione, Gabriele Moncini. I numeri parlano chiaro: dodici tiri totali in campionato, sei dei quali nello specchio, e ben cinque gol. La sensazione è che se non fosse per questa sua capacità di rendere prolifico anche quel poco che la squadra riesce a costruire, la situazione dei galletti sarebbe potuta essere anche peggiore.


